Ingegneria bionica
PROTESI BIONICHE
MYKY, un progetto europeo che in 5 anni svilupperà un’innovativa protesi robotica di mano, i cui movimenti potranno essere controllati in maniera naturale e intuitiva
28.12.2015
Testo dell’articolo
Secondo gli approcci correnti (anche i più tecnologicamente avanzati o ancora in via di sviluppo) il controllo dei movimenti della protesi di mano avviene sulla decodifica dei potenziali elettrici, trasmessi dal cervello e captati dal sistema neuromuscolare periferico, attraverso degli elettrodi. Il progetto ha l’ambizione di voler superare i limiti di queste tecniche, attraverso lo sviluppo di un interfaccia basata su marcatori magnetici impiantabili nei muscoli, capaci di monitorare l’elongazione (allungamento) dei muscoli residui, come avviene naturalmente quando si compie un task (azione) motorio, per esempio si afferra una bottiglia. Con tale informazione MYKI vuole controllare i movimenti di una mano robotica in maniera naturale e intuitiva. A livello di potenzialità, i marcatori magnetici potranno essere utilizzati anche per fornire un ritorno sensoriale alla persona che indossa la protesi robotica, quando essa interagisce con l’ambiente, proprio come avviene nella mano naturale.
Testo redatto su fonte Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa del 19 dicembre 2015
Image credit: Scuola Universitaria Superiore Sant’Anna di Pisa
© Copyright ADEPRON – Riproduzione riservata
PROTESI BIONICHE
Al via la fase di sperimentazione clinica su pazienti amputati “trans radiali” di una protesi bionica di mano in grado di trasmettere ai soggetti portatori sensazioni tattili
04.07.2015
Testo dell’articolo
La fase di sperimentazione clinica, che partirà nelle prossime settimane presso i laboratori del Centro IRCCS Don Carlo Gnocchi di Firenze, ha lo scopo di mettere a punto e di testare una protesi di mano in grado di “dialogare” con il paziente in maniera non invasiva.
La mano della protesi sarà mossa in modo volontario dal paziente, attraverso gli stimoli derivanti dai muscoli residui del braccio e la protesi, a sua volta, trasmetterà alle terminazioni nervose del braccio una serie di stimoli, incluso la percezione della presa e altre sensazioni tattili, proprio come se l’arto non fosse stato amputato. Tutto questo, senza alcun intervento invasivo, ma con una trasmissione di impulsi che avviene a livello epidermico. La capacità della protesi di trasmettere le sensazioni della mano al paziente è proprio una delle innovazioni più importanti, un aspetto fondamentale per il controllo del dolore nei soggetti con la “sindrome dell’arto fantasma”.
Presso i laboratori della Fondazione Don Gnocchi di Firenze nei mesi scorsi era stato messo a punto con successo anche un sistema di protesi e ortesi con l’obiettivo di restituire il cammino alle persone amputate a livello transfemorale (Progetto Cyberlegs).
Testo redatto su fonte Fondazione Don Carlo Gnocchi Onlus del 19 giugno 2015
Image credit: Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
© Copyright ADEPRON – Riproduzione riservata
PROTESI BIONICHE
IIT e INAIL: dal 2017 sarà disponibile il primo prototipo di mano artificiale poliarticolata e polifunzionale, antropomorfa stampata in 3D, made in Italy, di derivazione robotica
21.04.2015
Testo dell’articolo
Il progetto completamente “made in Italy”, vede la luce dopo circa 1 anno dalla sigla dell’accordo INAIL-IIT, del dicembre 2013 per lo sviluppo di nuovi dispositivi protesici e riabilitativi avanzati, con investimenti congiunti complessivi pari a 11,5 milioni di euro. Il progetto scientifico, guidato da Antonio Bicchi, Giorgio Grioli e Manuel Catalano di IIT, è stato sviluppato verso il paziente grazie al lavoro congiunto con Rinaldo Sacchetti, Emanuele Gruppioni e Simona Castellano per INAIL. Il gruppo di lavoro ha visto il coinvolgimento di 20 fra ricercatori, sviluppatori dei laboratori IIT e personale tecnico e medico presso il Centro Protesi INAIL di Budrio. Questo dispositivo protesico rientra in una più ampia strategia progettuale nata dalla collaborazione fra IIT e INAIL denominato Rehab Technologies che prevede lo sviluppo di tecnologie che permettano all’uomo di migliorare la propria qualità della vita, eliminando le barriere derivanti da inabilità temporanee o permanenti.
Testo redatto su fonte Istituto Italiano di Tecnologia del 19 aprile 2015
Image credit: IIT
© Copyright ADEPRON – Riproduzione riservata
PROTESI BIONICHE
Progetto My-HAND: pronta alla sperimentazione l’innovativa protesi bionica di mano che restituisce il tatto e non necessita di intervento chirurgico per l’impianto
16.04.2015
Testo dell’articolo
Nell’ambito di My-HAND è stata messa a punto la tecnologia per la “mano bionica”, l’innovativa protesi robotica frutto di un ambizioso progetto interdisciplinare, che unisce ricerca d’avanguardia nei settori dell’Ingegneria Biomedica, Scienze dei Materiali, Tecnologie delle Bio-informazioni con Neuroscienze cognitive, Neurofisiologia Clinica e terapia occupazionale per risolvere un problema sociale e clinico quale è la sostituzione funzionale della mano, nelle persone a cui l’arto è stato amputato. La perdita della mano è causa di problemi legati all’incapacità di afferrare e di manipolare gli oggetti: una persona amputata perde la capacità di sentire e di esplorare il mondo circostante, di utilizzare i movimenti per sostenere la parola e per esprimere emozioni e può sviluppare problemi psicologici a causa delle differenze fisiche connesse all’amputazione.
La protesi sviluppata con My-HAND si pone in continuità con un altro progetto coordinato da Christian Cipriani e anche’esso appena concluso, WAY: oltre al “guanto robotico”, l’esoscheletro per ripristinare il controllo motorio delle mani in persone con problemi nell’usare questo arto a causa di danni neurologici, è stato possibile sviluppare la tecnologia per “impiantare” la nuova e rivoluzionaria “mano bionica” senza passare dalla sala operatoria. Ora la protesi è pronta per la sperimentazione clinica e si trova in laboratorio, per le ultime verifiche.
Il risultato principale di My-HAND è una innovativa protesi bionica di mano, dotata di sensori tattili e caratterizzata da una elevata destrezza, che le permette di compiere tutte le prese e le posture necessarie nella vita quotidiana. La protesi di mano, si distingue rispetto alle altre per il suo essere “light”, tanto nel peso quanto nel costo, oltre che per la tecnologia e per il design che, proprio come la tecnologia, supera il concetto tradizionale di protesi di mano, a partire dalle modalità di connessione con il paziente che indosserà la protesi.
La mano, pur traducendo in movimenti le intenzioni della persona che la indossa e alla quale restituisce anche sensazioni tattili, non richiede interventi chirurgici per essere “impiantata”. I movimenti e le prese della mano possono essere attivate e controllate in maniera pressoché naturale attraverso sensori (facilmente) indossabili, i quali rilevano i segnali nervosi che attraversano i muscoli, quando si compiono tali movimenti. Così le intenzioni della persona possono “diventare” i movimenti della protesi. I sensori tattili integrati sulle dita registrano le interazioni con l’ambiente e – grazie a un sistema di piccoli vibratori posizionati sulla parte che resta dell’arto – è possibile restituire sensazioni tattili, ripristinando anche quello che i ricercatori definiscono il “ritorno sensoriale fisiologico
Le caratteristiche della protesi di mano sviluppata con “My-HAND” sono le seguenti:
– Aspetto antropomorfo a 5 dita
– Peso inferiore a 500 g (incluso il polso)
– Dimensioni esterne comparabili a quelle della mano di una donna adulta
– Attuazione tramite 3 motori elettrici
– Struttura in lega di alluminio
– Trasmissione robusta basata su link rigidi e ruote dentate
– Innovativo sistema di trasmissione per la flessione dell’indice ed opposizione del pollice
– Elettronica di controllo integrata nel dorso della mano
– Controllo proporzionale tramite segnali muscolari
– Chiusura completa delle dita in meno di 1 secondo
– Sette movimenti e prese possibili:
1. cilindrica (per oggetti di grandi dimensioni, come una bottiglia)
2. bidigitale (per oggetti piccoli)
3. laterale (per afferrare, ad esempio, chiavi o carte di credito)
4. indice esteso (per la pressione di pulsanti)
5. indice flesso (per scrivere su una tastiera)
6. adduzione delle dita (per tenere oggetti tra le dita, come una sigaretta)
7. riposo (posizione naturale di riposo)
Testo redatto su fonte Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa del 15 aprile 2015
Image credit: Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
© Copyright ADEPRON – Riproduzione riservata
DISPOSITIVI PROTESICI
È stata impiantata per la prima volta all’Ospedale San Raffaele di Milano un’innovativa protesi valvolare aortica che non necessita di punti di sutura
12.02.2014
Testo dell’articolo
Oggi è possibile sostituire la valvola danneggiata con PERCEVAL che può essere posizionata e ancorata nel sito d’impianto senza l’ausilio dei punti di sutura, grazie a un suo esclusivo dispositivo di ancoraggio autoespandibile. Se prima per una sostituzione valvolare la procedura di fissaggio richiedeva 30-40 minuti, oggi in 10 minuti è possibile inserire la valvola sutureless: l’importante riduzione dei tempi operatori va a tutto vantaggio del paziente e offre anche al chirurgo più tempo da dedicare a eventuali procedure associate.
Il primo impianto del San Raffaele è stato eseguito, nella sala operatoria dell’Unità di Cardiochirurgia diretta dal Prof. Ottavio Alfieri, dal team del Dott. Stefano Moriggia su un paziente di 74 anni affetto da stenosi aortica severa. L’Unità di Cardiochirurgia del San Raffaele ha all’attivo 1.400 interventi all’anno e comprende il più ampio spettro della disciplina cardiochirurgica. L’Unità è infatti centro di riferimento nazionale e internazionale per la chirurgia riparativa della valvola mitrale (circa 500 interventi annui), per la chirurgia della fibrillazione atriale e dello scompenso cardiaco.
Afferma il Prof. Alfieri, Direttore del Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare dell’IRCCS Ospedale San Raffaele: “Con l’introduzione di questo dispositivo, disponiamo oggi al San Raffaele di tutte le tecnologie d’avanguardia disponibili nel mondo per trattare la patologia valvolare aortica. Siamo cioè nella condizione di poter offrire a ciascun paziente sempre il trattamento ottimale, tenendo conto delle sue caratteristiche individuali, cliniche e anatomiche. È questa la realizzazione sul campo di quella che si può definire medicina personalizzata”.
Testo redatto su fonte Ospedale San Raffaele di Milano del 12 febbraio 2014
© Copyright ADEPRON – Riproduzione riservata
PROTESI BIONICHE
Un team di ricercatori italiani e svizzeri è riuscito a realizzare la prima protesi di mano basata su tecnologia bionica in grado di restituire il senso del tatto
07.02.2014
Testo dell’articolo
Dal segnale elettrico all’impulso nervoso
Silvestro Micera e il suo team hanno “rafforzato” la protesi di mano con sensori che rilevano le informazioni riguardanti il contatto. Ciò è stato realizzato misurando la tensione all’interno dei tendini artificiali che controllano il movimento del dito, trasformandola in corrente elettrica. Ma questo segnale elettrico è troppo “grosso” affinché possa essere percepito dal sistema nervoso. Utilizzando algoritmi computerizzati, gli scienziati hanno trasformano il segnale elettrico in un impulso che i nervi sensoriali riescono a interpretare. Il senso del tatto è stato realizzato inviando in maniera digitale il segnale raffinato, attraverso i cavi di quattro elettrodi che sono stati impiantati in maniera chirurgica in ciò che rimane dei nervi dell’arto superiore di Sørensen. “Questa è la prima volta in assoluto che nella neuroprostetica il feedback sensoriale è stato restituito e usufruito da un amputato, in tempo reale per il controllo di un arto artificiale”, sottolinea Micera. “Eravamo preoccupati per la ridotta sensibilità dei nervi di Dennis visto che non erano più stati utilizzati da oltre nove anni”, aggiunge Stanisa Raspopovic, primo autore e scienziato presso l’EPFL e l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna. Queste preoccupazioni si sono affievolite non appena gli scienziati hanno riattivato correttamente il senso del tatto di Sørensen.
Connettere gli elettrodi ai nervi
Elettrodi ultra sottili, ultra precisi, sviluppati da un gruppo di ricerca guidato da Thomas Stieglitz dell’Università di Friburgo (Germania), hanno permesso di trasmettere segnali elettrici estremamente deboli al sistema nervoso, in maniera diretta. Un lungo e complesso lavoro di attività di ricerca preliminare è stato compiuto per assicurarsi che gli elettrodi continuassero a funzionare addirittura dopo la formazione del tessuto cicatriziale post-chirurgico. È anche la prima volta che tali elettrodi sono stati impiantati in maniera trasversale nel sistema nervoso periferico di un amputato. Il 26 gennaio 2013, Sørensen ha subito l’intervento chirurgico a Roma presso il Policlinico Gemelli. Un gruppo specializzato di chirurghi e di neurologi, guidati da Paolo Maria Rossini, ha impiantato gli elettrodi transneuronali all’interno dei nervi ulnari e mediani del braccio sinistro di Sørensen. Dopo 19 giorni di test preliminari, Silvestro Micera e il suo team hanno collegato la loro protesi agli elettrodi – e a Sørensen – ogni giorno per una settimana intera.
Il primo arto artificiale sensorialmente potenziato
Lo studio clinico fornisce il primo passo verso una mano bionica, sebbene una protesi sensorialmente potenziata risulti ancora lontana dal momento in cui sarà disponibile in commercio. La mano bionica dei film di fantascienza, per intenderci, risulta ancora più lontana. Il passo successivo comporta la possibilità dell’impianto di elettrodi per una durata di anni. Questo implicherà la miniaturizzazione dei sistemi elettronici di reazione sensoriale per colui che porterà la protesi. Inoltre, gli scienziati perfezioneranno la tecnologia sensoriale per migliorare la risoluzione del tatto e per aumentare la consapevolezza del movimento angolare delle dita. Gli elettrodi sono stati rimossi dopo 30 giorni per motivi di sicurezza imposti sugli attuali processi clinici, anche se gli scienziati sono ottimisti del fatto che potrebbero rimanere impiantati e funzionali senza alcun danno al sistema nervoso per molti anni.
Testo redatto su fonte Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa del 6 febbraio 2014
Image credit: Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
© Copyright ADEPRON – Riproduzione riservata
PROTESI BIONICHE
Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa: sviluppare un innovativo sistema protesico nelle amputazioni digitali della mano che restituisca anche la sensibilità perduta
31.01.2014
Testo dell’articolo
********************************************
Realizzare un prototipo di falange di un dito della mano, integrato da sensori in grado di restituire la sensibilità dell’arto perduto alla persona che la indosserà. É questa la sfida del progetto, di durata triennale e finanziato da INAIL, che ha preso avvio con la convenzione appena sottoscritta da Paolo Dario, Direttore dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, con sede principale al Polo Sant’Anna Valdera di Pontedera, e da Enrico Lanzone Direttore del Centro Protesi INAIL di Vigorso di Budrio (Bologna). Il progetto, la cui denominazione scientifica corrisponde a “PPR3 – Sviluppo di un sistema protesico nelle amputazioni digitali della mano”, sarà svolto sotto la responsabilità scientifica di Christian Cipriani, ricercatore dell’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna, in collaborazione con Rinaldo Sacchetti, Paolo Catitti e Angelo Davalli, responsabili per il Centro Protesi INAIL di Vigorso di Budrio (BO), struttura di eccellenza nel campo della protesica e della riabilitazione (10.000 assistiti all’anno) e coinvolgerà dieci nuovi giovani ricercatori, che svolgeranno la loro attività sia Pontedera sia a Vigorso di Budrio.
In questo nuovo progetto la Scuola Superiore Sant’Anna metterà a disposizione la propria consolidata esperienza nello svolgimento di attività di ricerca sulle protesi di mano e su “interfacce bidirezionali non invasive”, ovvero in grado di decodificare tanto le intenzioni di movimento provenienti da segnali registrati sul paziente, quanto di stimolare il moncone dell’amputato restituendo un esperienza di sensazione tattile utile per controllare la protesi. Per queste attività l’Istituto di Biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna è riconosciuto fra i leader internazionali, come testimoniano anche numerosissime pubblicazioni scientifiche, su riviste internazionali.
L’innovativa protesi della falange di un dito avrà una platea potenzialmente ampia. Secondo i dati messi a disposizione dal Ministero della Salute, sono oltre 3.600 i casi di amputazione e di malformazione congenita degli arti superiori registrati in Italia. Più dell’80% di questi casi riguardano la mano e le dita ed avvengono in ambito lavorativo. Nel distretto della mano risiede la maggior parte delle capacità sensoriale dell’uomo, oltre che la capacità di presa e manipolazione degli oggetti. Il progetto si presenta particolarmente impegnativo e “sfidante” perché “costruire una protesi funzionale in questi casi è molto difficile – come sottolinea il responsabile scientifico Christian Cipriani – soprattutto in considerazione dei ridotti spazi a disposizione dove alloggiare i dispositivi elettronici e meccanici tipici di una protesi. Inoltre, la particolarità delle amputazioni di dita e di mano rende complessa l’applicazione di tecniche chirurgiche e protesiche di tipo tradizionale. Eppure replicare i movimenti delle singole dita con modalità di controllo simili a quelle utilizzate dalle protesi di nuova generazione è un obiettivo raggiungibile come dimostra la comparsa sul mercato, negli ultimi anni, di alcuni dispositivi motorizzati. La novità del nostro progetto – conclude Cipriani – sta invece nello sviluppare un sistema protesico sensorizzato e connesso in modo bidirezionale con il suo utilizzatore. É questa – conclude Cipriani – la principale sfida del progetto che mira a realizzare un prototipo di protesi falangea sulla quale disporre una sensorizzazione capace di ridare all’amputato una sensibilità perduta”.
“Con questo accordo –dichiara il Presidente dell’INAIL Massimo De Felice – l’INAIL continua a frequentare la frontiera della ricerca. La robotica potrà portare grande innovazione nella qualità delle protesi e nelle pratiche della riabilitazione. La collaborazione tra l’Istituto di Biorobotica del Sant’Anna e il Centro Protesi di Budrio garantisce una mistura eccellente tra capacità progettuali e esperienza applicativa”. “Quella con INAIL ed in particolare con il Centro Protesi di Budrio – aggiunge Paolo Dario, Direttore dell’Istituto di Biorobotica- è una conoscenza che viene da lontano, iniziata trent’anni fa con il Prof. Johannes Schmidl, vero innovatore in campo protesico, poi proseguita negli anni novanta con la creazione di un centro che ha dato impulso alla ricerca in campo protesico, per giungere sino ad oggi, a questo importante progetto su cui lavoreremo ancora in partnership”.
Testo redatto su fonte Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa del 29 gennaio 2014
Image credit: Istituto di Biorobotica/SSSUP
© Copyright ADEPRON – Riproduzione riservata
NEUROPROTESICA
“NEUWalk”, il progetto europeo nato per sviluppare impianti neuroprotesici di nuova concezione per la cura di soggetti disabili colpiti da gravi lesioni spinali
15.10.2013
Testo dell’articolo
NEUWalk – Neuroprosthetic interface systems for restoring motor functions è un progetto europeo nato nel 2010, volto a trovare nuove soluzioni per la messa a punto di neuroprotesi in grado di migliorare significativamente la qualità della vita delle persone paraplegiche.
Una neuroprotesi è un dispositivo artificiale in grado di creare o ripristinare un collegamento naturale-artificiale il più possibile simile a quello naturale. Più specificatamente è un ausilio o un sistema basato sulla stimolazione elettrica funzionale usata per sostituire una funzione neurologica. Il concetto consiste nell’applicare correnti elettriche a tessuti eccitabili al fine di attivare i motoneuroni intatti usando elettrodi di superficie o impiantati.
L’obiettivo di NEUWalk è di far confluire in un unico incubatore le più promettenti ricerche compiute negli ultimi anni per arrivare a mettere a punto un impianto neuroprotesico di nuova concezione da utilizzare su un soggetto paraplegico nelle fasi finali del progetto. Ciò che ci si aspetta è che entro i prossimi anni il progetto possa portare alla verifica sull’uomo di nuove forme di trattamento contro la paralisi in individui colpiti da gravi lesioni del midollo spinale. NEUWalk cercherà di sviluppare un nuovo sistema capace di ripristinare le funzioni motorie di individui mediante stimolazione a livello del midollo spinale e alleviare anche i sintomi del morbo di Parkinson.
Il progetto è sostenuto da un finanziamento di 8,8 milioni di euro in base al tema “Tecnologie dell’informazione e della comunicazione” del Settimo Programma Quadro di ricerca e sviluppo tecnologico dell’UE, nonché da un importo di 1,4 milioni di euro tramite il progetto “Walk Again” finanziato da una sovvenzione di avviamento del Consiglio Europeo della ricerca. Questi aiuti rientrano in uno sforzo globale del Settimo Programma Quadro per sostenere la ricerca volta a curare le lesioni spinali.
Fra i partner internazionali di NEUWalk c’è anche l’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant’Anna (SSSA) di Pisa, il cui staff, coordinato da Silvestro Micera, è responsabile dello sviluppo degli algoritmi per il “controllo con il pensiero” della neuroprotesi.
Per approfondimenti: www.neuwalk.eu
Image credit: NEUWalk
© Copyright ADEPRON – Riproduzione riservata