Tecnologie per la diagnostica
VALUTAZIONE COMPUTAZIONALE
Disturbi dello spettro autistico: un approccio computazionale con tecniche di Visione Artificiale e Deep Learning consente ora di effettuare un’analisi quantitativa delle espressioni facciali
29.11.2018
Testo dell’articolo
Pubblicato sulla rivista Sensor nell’articolo Computational Assessment of Facial Expression Production in ASD Children, lo studio ha riguardato una lunga sperimentazione sul territorio salentino condotta nell’ambito del progetto PON Si-robotics.
The algorithmic pipeline. Image credit: Sensor (2018), DOI: 10.3390/s18113993
Mediante l’utilizzo di tecnologie a basso costo, come una fotocamera che consente di analizzare i fotogrammi del volto del bambino, misurandone in modo non invasivo i movimenti, i ricercatori hanno sviluppato una metodologia oggettiva che permette di misurare le abilità espressive del bambino autistico durante le fasi di riproduzione. Essa non si basa sulle classiche tecniche di riconoscimento automatico delle espressioni facciali, ma sull’analisi dei precursori delle emozioni, misurando la contrazione e distensione dei muscoli facciali attraverso l’individuazione e l’inseguimento di svariati punti fiduciali del volto. Questo aspetto è estremamente importante, perché permette di valutare le micro-espressioni, caratteristiche che spesso si ritrovano nei soggetti autistici ma che i normali software di riconoscimento facciale delle emozioni non sono in grado di cogliere (tanto più perché addestrati su soggetti a sviluppo normotipico in cui la riduzione delle espressioni facciali è molto marcata).
Durante le sessioni di riproduzione delle emozioni i ricercatori hanno inoltre osservato un aspetto molto importante, ovvero che l’essere umano ha difficoltà nel rilevare le variazioni espressive della parte alta del volto quando il soggetto osservato ha una produzione delle espressioni basata prevalentemente su un marcato movimento della bocca. È provato infatti che il sistema visivo biologico orienta subito l’attenzione verso la bocca quando questa si muove, perdendo di vista la parte alta del volto: questo può limitare la valutazione in particolare quando le espressioni facciali sono solo accennate nella parte alta del volto.
La tecnologia messa a punto è però in grado di cogliere i micro-spostamenti a livello di pixel che il sistema visivo umano non è in grado di percepire, un risultato importante per la valutazione oggettiva del disturbo autistico. La ricerca proseguirà utilizzando robot umanoidi dalle sembianze semplificate capaci di stimolare nel bambino la riproduzione delle emozioni.
Testo redatto su fonte CNR del 29 novembre 2018
Per approfondimenti: Computational Assessment of Facial Expression Production in ASD Children, DOI: 10.3390/s18113993 – Sensors | 16.11.2018
Image credit: National Institutes of Health (NIH)
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DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
Progetto EMERALD: sviluppare dispositivi mobili nel campo delle immagini di diagnostica medica mediante applicazioni delle onde elettromagnetiche alla frequenza delle microonde
04.10.2018
Testo dell’articolo
I dispositivi allo studio nel progetto, oltre a basarsi su una tecnologia già conosciuta e quindi a basso costo, hanno la particolarità di essere mobili e di consentire un utilizzo prolungato, adatto a monitorare in tempo reale l’efficacia di una terapia o l’evoluzione della patologia, due aspetti che rappresentano la vera innovazione di queste apparecchiature rispetto quelle tradizionalmente impiegate nella diagnostica per immagini, come la risonanza magnetica o la tomografia computerizzata (CT), molto affidabili, ma anche costose, ingombranti e, nel caso della CT, con possibili effetti collaterali per i pazienti a causa dell’utilizzo di radiazioni ionizzanti (raggi X).
Il raggio di applicazione di queste tecnologie è molto ampio: esse consentiranno più tempestività ad esempio nell’individuazione di patologie cardiovascolari (ictus, ischemie), meno invasività (analisi dei linfonodi senza asportazione) e interventi più mirati (ablazione delle masse tumorali).
In particolare, il Politecnico svilupperà l’applicazione di questa tecnologia alle tecniche di diagnostica per immagini per le patologie cerebrali, quali ischemie, ictus o emorragie ed ematomi cerebrali da trauma. Il dispositivo che sarà reso disponibile avrà la caratteristica di essere portatile (una sorta di casco), consentendo, ad esempio, un monitoraggio già sul luogo di un incidente. Utilizzando le microonde, e non radiazioni ionizzanti, sarà possibile ripetere il test con una frequenza molto superiore rispetto ai metodi diagnostici tradizionali, come la tomografia computerizzata, e sarà quindi molto utile per monitorare l’evoluzione della patologia.
Nell’Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IREA-CNR), con sede a Napoli, saranno sviluppati algoritmi di imaging a microonde affidabili ed efficaci per elaborare i dati forniti dai dispositivi sviluppati nell’ambito della rete EMERALD, e un dispositivo innovativo per trattamenti di ablazione termica guidati mediante imaging a microonde.
Testo redatto su fonte Politecnico di Torino del 2 ottobre 2018
Per approfondimenti sul progetto EMERALD: www.msca-emerald.eu
Image credit: Medicina Nuclear Laboratorios Azteca/Pstnet.com
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DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
Progetto PROCHIP: realizzare un innovativo microscopio in grado di aiutare a decifrare l’eterogeneità di certe tipologie di cancro e a sviluppare una medicina personalizzata per ogni paziente
10.09.2018
Testo dell’articolo
Il progetto europeo PROCHIP (Chromatin organization PROfiling with high-throughput super-resolution microscopy on a CHIP), coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e di cui il Politecnico di Milano è partner, si propone di sviluppare un innovativo microscopio in grado di analizzare un elevato numero di cellule tumorali e ottenere informazioni sulla distribuzione spaziale della cromatina, in modo da individuare un parametro da utilizzare come marker tumorale. La possibilità di osservare la distribuzione della cromatina aiuterà a decifrare l’eterogeneità di certe tipologie di cancro, decifrare l’eterogeneità di certe tipologie di cancro, ma anche a valutarne la risposta alle terapie e riuscire a sviluppare una medicina personalizzata per ogni specifico paziente.
Il microscopio di PROCHIP sarà un dispositivo optofluidico in vetro in grado di scansionare un elevato numero di campioni in maniera automatica; verrà sviluppato su chip e sarà capace di acquisire immagini con una risoluzione oltre il limite della diffrazione della luce. A differenza di microscopi che possono realizzare immagini in super-risoluzione, il prototipo realizzato in PROCHIP integrerà in un solo dispositivo sia il sistema di illuminazione del campione che un microcanale in cui le cellule da esaminare fluiranno a velocità tali da consentire un tasso di misura superiore a quello consentito dalle tecnologie attuali.
Il progetto europeo FET Open H2020 PROCHIP è coordinato dall’Istituto di Fotonica e Nanotecnologie del CNR (IFN-CNR) ed il consorzio è formato da 6 partner di 3 paesi europei tra cui università, centri di ricerca e un’ azienda: CNR – coordinatore (Italia), Politecnico di Milano (Italia), Imperial College of Science Technology and Medicine (United Kingdom), Università degli Studi di Trento (Italia), Institut National des Sciences Appliquees de Lyon (France), Universitè de Angers (France), Elvesys (Francia). Il progetto è partito il 1° settembre 2018 e si concluderà il 31 agosto 2021.
ENGLISH TEXT
On September 1st the H2020 European project PROCHIP led by the Institute for Photonics and Nanotechnologies (IFN-CNR) had started. The goal of the project is to realize by femtosecond laser writing a high-throughput super-resolution microscope in a microfluidic chip smaller than a coin. The microscope will allow high resolution imaging of hundreds of cells at the diffraction limit and beyond, with minimal photo-toxicity. The targeted breakthrough is to interrogate cancer heterogeneity at single cell level by classifying freshly isolated cancer samples based on their chromatin architecture to use chromatin alteration as a marker for cancer.
PROCHIP Project has been granted 2.5 million euros from the EU H2020 FET Open programme. The 3-years project will be carried out by an international consortium of 6 organizations from 3 European countries: CNR – coordinator (Italy), Politecnico di Milano (Italy), Imperial College of Science Technology and Medicine (United Kingdom), Università degli Studi di Trento (Italy), Institut National des Sciences Appliquees de Lyon (France), Universitè de Angers (France), Elvesys (France).
Testo redatto su fonte Politecnico di Milano del 6 settembre 2018
Images credit: IFN-CNR/Politecnico di Milano
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DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
Grazie alle analisi effettuate tramite la FDG-PET, diventa più chiara e precisa l’identificazione dei soggetti con deficit cognitivo che evolverà nella Malattia di Alzheimer
27.12.2017
Testo dell’articolo
L’esame più utilizzato per mettere in evidenza eventuali alterazioni anatomiche ippocampali o corticali caratteristiche della malattia di Alzheimer è la Risonanza magnetica, ma in un caso su cinque questa metodica non caratterizza con certezza la natura dello stato patologico e del suo sviluppo. Ricercatori dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione del Consiglio Nazionale delle Ricerche (ISTC-CNR), dell’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare (IBFM-CNR), in collaborazione con il Dipartimento Ambiente e Salute dell’Istituto Superiore di Sanità, con il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Genova e con il Karolinska Hospital di Stoccolma, studiano da anni il modo di ottimizzare le analisi dei dati del metabolismo cerebrale attraverso il ricorso a un’altra tecnica, la Tomografia ad Emissione di Positroni o PET (Positron Emission Tomography). I risultati delle ricerche, che confermano prestazioni migliori della PET nella predizione della malattia di Alzheimer, sono stati pubblicati sull’European Journal of Nuclear Medicine Molecular Imaging nell’articolo Early identification of MCI converting to AD: a FDG PET study.
La PET, in particolare la PET cerebrale con Fluorodesossiglucosio (FDG-PET), una tecnica di neuroimmagini funzionali assai diffusa e disponibile sul territorio nazionale a costi contenuti, è da preferire alla Risonanza magnetica per rivelare se il deficit cognitivo sia o no dovuto ad Alzheimer. Inoltre, può aiutare nella valutazione dello stato di progressione delle malattie neurodegenerative.
Il team di ricerca ha apportato alcune innovazioni per ottimizzare le analisi statistiche dei dati di metabolismo cerebrale tramite questa metodologia. La novità introdotta dal gruppo multidisciplinare di ricercatori e clinici consiste nel segmentare in 90 sezioni l’encefalo, tramite un software disponibile in rete, e accorparle in 20 “meta-regioni” con caratteristiche funzionalmente comuni. L’intensità del segnale in ogni regione, proporzionale alla rispettiva attività metabolica, viene poi analizzata con tecniche statistiche avanzate in grado di identificare le regioni che meglio differenziano i gruppi diagnostici. Queste metodologie sono state applicate in modo prospettico a un gruppo di pazienti con un livello simile di deficit cognitivo, che in alcuni casi è evoluto in Malattia di Alzheimer entro 2-5 anni e in altri casi non è evoluto dopo 7 anni.
Grazie a questa tecnica i ricercatori sono riusciti a identificare nel 93% dei casi i soggetti non successivamente colpiti da questa forma di demenza. Ciò consente di arrivare in modo rapido ad una diagnosi più chiara e tempestiva e apre orizzonti nuovi per la diagnosi precoce. Alla PET eseguita alla prima visita con valutazione neuropsicologica, i pazienti che non hanno sviluppato l’Alzheimer mostrano differenze metaboliche minime o nulle rispetto ai soggetti di controllo sani, mentre nelle persone che si sarebbero ammalate le differenze erano accentuate e proporzionali al tempo di decorso della malattia. I ricercatori auspicano che nel momento in cui la metodologia verrà condivisa si potrà creare un database attraverso il quale confrontare gli esami dei pazienti con quelli dei gruppi sani e dei patologici, consentendo ai clinici di effettuare una diagnosi più precisa e di supportare nel modo migliore il malato e chi lo assiste.
Testo redatto su fonte CNR del 7 dicembre 2017
Per approfondimenti: Early identification of MCI converting to AD: a FDG PET study – European Journal of Nuclear Medicine and Molecular Imaging | 29.06.2017
Image credit: National Institutes of Health (NIH)
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DISPOSITIVI PER LA DIAGNOSTICA
Un team del CNR sviluppa il primo microscopio olografico portatile, un sofisticato laboratorio di analisi in grado di effettuare, per alcune patologie, esami diagnostici rapidi
17.11.2017
Testo dell’articolo
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Light: Science and Applications, nell’articolo Endowing a plain fluidic chip with micro-optics: a holographic microscope slide.
La svolta tecnologica è stata possibile grazie ai cosiddetti dispositivi “Lab-on-a-Chip”. Un chip microfluidico, cioè un semplice ed economico pezzetto di plastica nel quale sono scavati dei canaletti in cui scorre il fluido da analizzare (sangue, urine, saliva…), è stato dotato di micro-elementi ottici che gli conferiscono le funzionalità di microscopio tridimensionale di tipo olografico tascabile. Il microscopio olografico si presenta come un semplice vetrino da microscopio di alcuni cm di lunghezza ma costituisce un vero e proprio strumento di misura, fornendo mappe 3D da cui si ricavano i dati quantitativi di elementi biologici, statici o in movimento all’interno di un liquido.
Per analizzarne in dettaglio il contenuto e giungere alla diagnosi basta inserire una goccia di sangue nel canale del chip funzionalizzato, e posizionarlo su un sensore di luce. La natura olografica del sistema di acquisizione consente di effettuare diagnosi mediche utilizzando immagini di materiale biologico basate su microscopia a contrasto di fase, facendo a meno della fluorescenza. Ciò consente di evitare ulteriori trattamenti del campione, riducendo costi e tempi di analisi. Le immagini tridimensionali fornite dal chip hanno di recente consentito il conteggio di globuli rossi ad alta velocità.
Grazie all’utilizzo di componenti ottici miniaturizzati e il basso costo di produzione, la configurazione tascabile della tecnologia permette per la prima volta di superare i confini del laboratorio di analisi. In futuro il chip consentirà di portare le funzionalità diagnostiche direttamente dal paziente evitando, ad esempio, alle persone anziane di recarsi presso un centro diagnostico. Inoltre potrà essere usato in Paesi in via di sviluppo e laddove manchino adeguate strutture per lo studio e classificazione dei campioni. La tecnologia potrà essere applicata anche per la diagnosi di malattie come anemia, malaria, HIV e anche tumori, attraverso l’identificazione delle cellule tumorali circolanti nel sangue. Oltre che, in ambito non medico, per il monitoraggio della qualità delle acque.
Testo redatto su fonte CNR del 17 novembre 2017
Per approfondimenti: Endowing a plain fluidic chip with micro-optics: a holographic microscope slide – Light: Science and Applications | 22.09.2017
Image credit: ISASI-CNR, 2017
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BIO-MEDICINA SPAZIALE
Realizzato in orbita, “Endothelial cells” è un progetto ESA finalizzato a comprendere l’influenza della microgravità sui meccanismi di invecchiamento delle cellule endoteliali
05.10.2015
Testo dell’articolo
La permanenza in assenza di gravità si comporta come una sorta di “macchina del tempo” che rende più “anziane” le cellule del nostro corpo in pochi giorni terrestri. A causa di questo motivo gli astronauti sono soggetti ad un invecchiamento precoce, ma reversibile, che simula in maniera fedele ciò che avviene sulla Terra in tempi molto più lunghi e in modo certamente non reversibile. Questo rende lo spazio un “laboratorio ideale” per comprendere come la microgravità influenza l’invecchiamento delle cellule endoteliali, offrendo agli scienziati strumenti di conoscenza importanti nell’ambito della prevenzione e della cura di malattie “terrestri”.
Con questa finalità è nato “Endothelial cells“, il progetto italiano di bio-medicina spaziale, coordinato da Debora Angeloni della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, selezionato dall’European Space Agency (ESA) e sostenuto con il finanziamento dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI). Il progetto è culminato con l’invio in orbita, mediante un vettore Soyuz, di campioni di cellule endoteliali umane a bordo dell’International Space Station (ISS). Qui sono cresciute e si sono riprodotte all’interno di microlaboratori progettati e realizzati ad hoc per esperimenti di biologia cellulare in condizioni di microgravità. Per l’esperimento è stata utilizzata anche Kubik, la centrifuga/incubatrice autonoma ad alta tecnologia dell’ESA (immagine nel riquadro) in grado di sottoporre campioni biologici all’effetto della gravità terrestre.
Le cellule sono state inviate nello spazio con un lancio, dal cosmodromo di Baikonur (Kazakhstan), a bordo della Soyuz TMA-18M/Mission 44S il 2 settembre scorso, e sono state riportate a terra (in ottimo stato) a bordo della Soyuz TMA-16M/Mission 42S il 12 settembre.
Sui campioni sarà condotta un’ampia ricerca di biologia molecolare per raggiungere importanti obiettivi, sia a breve e che a lungo termine:
– l’obiettivo a breve termine sarà caratterizzare i meccanismi molecolari attivati dalla permanenza nello spazio (gli stessi che probabilmente sono attivati anche dall’invecchiamento fisiologico dell’endotelio);
– l’obiettivo a lungo termine sarà mettere a punto metodi per la prevenzione e la riabilitazione utili, non soltanto per gli astronauti (in particolare per quelli degli equipaggi che parteciperanno alle future missioni spaziali di lunga durata, come ad esempio quella su Marte), ma anche per un grande numero di pazienti “terrestri”.
Testo redatto su fonte Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa dell’1 ottobre 2015
Image credit: ESA/NASA, 2015
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DIAGNOSTICA ONCOLOGICA
Fondendo le immagini della risonanza magnetica con quelle dell’ecografia 3D, la “biopsia fusion” consente un esame diagnostico della prostata meno invasivo e più efficace
16.05.2015
Testo dell’articolo
Le immagini tridimensionali messe a disposizione dalla “biopsia fusion” forniscono all’operatore le coordinate necessarie a individuare e raggiungere con l’ago, durante l’esame, la massa tumorale. Una novità importante, perché fino ad oggi la neoplasia visibile sulla risonanza magnetica non poteva poi essere individuata in modo ‘mirato’ con l’ecografo durante l’indagine, che veniva effettuata in modo casuale. Per questo, i pazienti erano costretti a sottoporsi anche a due o tre biopsie negative prima di ottenere un risultato positivo. Inoltre, per avere maggiori probabilità d’incontrare il tumore, la tecnica tradizionale richiedeva almeno dodici prelievi di tessuto, con una percentuale d’individuazione che non superava comunque il 35%. Ora ne bastano due o tre per consentire al clinico d’impostare una terapia del carcinoma prostatico riscontrato realmente su misura.
Una novità, quella della “biopsia fusion”, che interessa un numero crescente di persone: secondo i dati della Società Italiana di Urologia, infatti, tra gli uomini over-50 il carcinoma della prostata è il principale tumore maligno in termini d’incidenza (12%, ha superato anche quello al polmone, fermo al 10%) e rappresenta circa il 15% di tutti i tumori maschili diagnosticati. Peraltro, l’incidenza negli ultimi dieci anni è più che raddoppiata (+ 53%), anche a seguito dell’aumento dell’età media della popolazione e dell’introduzione dell’esame dell’Antigene prostatico specifico (PSA).
Testo redatto su fonte Università Campus Bio-Medico di Roma del 13 maggio 2015
Image credit: Med-Art, 2001
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DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
L’IRST-IRCCS inaugura la facility della Risonanza Magnetica Nucleare 3 Tesla (RMN 3T), un sistema all’avanguardia per la diagnostica dei tumori ad alta specializzazione
05.03.2015
Testo dell’articolo
Diagnosi “al millimetro”
La Risonanza Magnetica è un esame diagnostico che, sfruttando campi magnetici e onde di radiofrequenza, permette di ottenere immagini anatomiche ad alta risoluzione dell’interno del corpo. Grazie alla sua estrema precisione e all’assenza quasi totale di effetti collaterali, la Risonanza Magnetica si è conquistata negli ultimi anni un ruolo di primaria importanza nella diagnosi di numerosissime malattie, tra cui quelle oncologiche. Il modello che IRST ha acquisito rappresenta una tra le ultime e più potenti evoluzioni di questa metodologia diagnostica. Grazie alla combinazione di innovative tecnologie e alla potenza del segnale emesso, la nuova RMN 3T consentirà esami più precisi (sarà possibile analizzare strutture anatomiche della grandezza di un millimetro) e veloci offrendo un evidente beneficio sia per i pazienti (anche quelli con caratteristiche anatomiche e patologiche complesse) sia per l’organizzazione sanitaria che potrà così assicurare un maggior numero di esami in modo più rapido. La nuova Risonanza consentirà una visualizzazione in 3D degli organi molto dettagliata sia dal punto di vista morfologico sia funzionale. Attraverso la scelta degli impulsi e definito il set di parametri si potranno mettere in evidenza tessuti differenti (grasso, vasi, tumori etc). Tra gli aspetti connessi al comfort si evidenzia l’ampia apertura del tunnel all’interno del quale il paziente svolge l’esame, aspetto che rende questo sistema un’ottima soluzione per chi soffre di claustrofobia.
Il calore degli ultrasuoni per distruggere i tumori
Le potenzialità della RMN trovano accento ulteriore abbinate a un sofisticato sistema per la termo ablazione delle lesioni cancerose, tecnica detta High-Intensity Focused Ultrasound, HIFU. Il principio alla base della metodica sperimentale HIFU è quello di produrre ultrasuoni focalizzati ad alta intensità indirizzati in un’area definita e limitata, con lo scopo di determinare la necrosi del tessuto patologico per termo-ablazione ovvero, letteralmente, bruciandolo. Riuscendo a misurare i cambiamenti di temperatura nei tessuti all’interno del corpo è, infatti, possibile pianificare e monitorare in tempo reale l’andamento di questo tipo di trattamento. Il sistema offre ai pazienti la possibilità di sottoporsi a questo nuovo trattamento non invasivo, più tollerabile e senza gli effetti collaterali negativi della chemio e della radioterapia e dare un’opzione terapeutica a coloro che non possono sottoporsi ad altre tipologie di trattamento.
Un piano di ricerca unico nel panorama internazionale
Nell’arco del prossimo triennio, i professionisti IRST saranno impegnati nello studio e validazione della RMN 3T e delle numerose potenziali applicazioni dell’HIFU. Tre i progetti già oggi definiti. Due attengono la RMN – il primo riguarda la valutazione dell’accuratezza diagnostica, sicurezza, tollerabilità, comfort e costo-efficacia di questo tipo d’indagine nell’ambito della valutazione dell’health technology assessment dell’apparecchiatura; il secondo, il ruolo della RMN 3 Tesla nell’individuare i danni procurati al fegato dai farmaci chemioterapici – uno concerne, invece, l’HIFU, in particolare l’utilizzo degli ultrasuoni focalizzati ad alta intensità nel trattamento del dolore da metastasi ossee da tumori solidi. In via di definizione, sempre in ambito d’impiego HIFU, protocolli per il trattamento riduttivo di fibromi uterini (tumori benigni del basso ventre) e loro estensione anche ad altre lesioni primitive o metastatiche nei tessuti molli (una produzione clinico-scientifica, quest’ultima, che per impegno e prospettive trova pari solo nel percorso intrapreso in campo pediatrico dal Children’s Research Institute di Washington DC, Stati Uniti), prostata (in questo ambito l’azienda, inoltre, sta sviluppando un dispositivo per l’HIFU transuretrale: un trasduttore alloggiato in una sonda che, attraverso l’uretra, sarà collocato nelle prossimità del tumore). Altre applicazioni oggetto di studi saranno i tumori epatici (primitivi e secondari), i tumori al rene e al seno.
Testo redatto su fonte IRST-IRCCS del 2 marzo 2015
Image credit: Philips
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MONITORAGGIO CARDIACO
Per la prima volta in Italia, all’Ospedale Molinette di Torino, è stato impiantato sottocute il più piccolo monitor cardiaco del mondo basato su tecnologia cellulare
15.02.2014
Testo dell’articolo
Il primo impianto in Italia di questo innovativo sistema, che ha da poco ottenuto l’autorizzazione CE, sono stati effettuati con successo presso l’Ospedale Molinette della Città della Salute di Torino su due pazienti con sincope e sospetta fibrillazione atriale silente. “Con una speciale siringa abbiamo iniettato in pochi minuti il dispositivo appena sotto la pelle del paziente, nella parte pettorale sinistra, attraverso una piccola incisione inferiore ad un centimetro.” spiega il Prof. Fiorenzo Gaita, Direttore del reparto di Cardiologia Universitaria dell’Ospedale Molinette di Torino. Il sistema Reveal LINQ comprende anche il nuovo monitor esterno di telemedicina MyCareLinkche, posizionato presso l’abitazione del paziente, trasmette i dati diagnostici direttamente all’ospedale, utilizzando la tecnologia cellulare per la telefonia mobile globale.
”Tutta l’attività cardiaca del paziente sarà quindi registrata per i prossimi tre anni, proprio come una perfetta “microspia” che, attraverso il sistema esterno di telemedicina, farà pervenire i dati diagnostici da casa in ospedale.” Prosegue Gaita. “Il dispositivo, oltre a confermare con precisione la diagnosi di sospetta fibrillazione atriale, è di grande aiuto nel valutare l’efficacia della strategia terapeutica adottata, sia essa di tipo farmacologico o di tipo interventistico con l’ablazione transcatetere.”
Nella fibrillazione atriale, che rappresenta la più comune forma di aritmia con 610.000 pazienti affetti in Italia ed oltre 50 mila nuovi casi diagnosticati ogni anno, le camere superiori ed inferiori del cuore non battono in modo sincrono. Un ritmo rapido e disorganizzato affligge l’abilità del cuore a svolgere le normali funzioni: gli atri si contraggono rapidamente e caoticamente, favorendo la formazione di coaguli di sangue, i ventricoli si riempiono con meno sangue e lavorano meno efficacemente determinando una perdita di funzionalità cardiaca. Il 70% dei pazienti percepisce la fibrillazione atriale come un battito cardiaco veloce e irregolare, mentre nel 30 per cento dei casi la fibrillazione atriale induce sintomi sfumati o decorre in modo del tutto asintomatico. Aggiunge il Prof. Gaita: “La fibrillazione atriale è la causa di un terzo degli ictus in tutto il mondo ed i pazienti affetti presentano un rischio di ictus 5 volte maggiore nonché un aumento del rischio di scompenso cardiaco e di morte cardiaca improvvisa rispetto a chi non ne soffre. Un nostro studio, appena pubblicato sul Journal of the American College of Cardiology, dimostra che non solo la fibrillazione atriale è causa di ictus, ma che è anche responsabile di eventi ischemici cerebrali silenti, che causano una ridotta capacità cognitiva dei pazienti con fibrillazione atriale rispetto a quelli con ritmo sinusale”.
I primi episodi di fibrillazione atriale sono tipicamente di breve durata e si risolvono spontaneamente. Con la progressione della malattia, gli episodi aumentano di frequenza e perdurano per più tempo. Di conseguenza, la diagnosi di fibrillazione atriale molto spesso non viene effettuata nelle prime fasi della malattia, ma solo quando gli episodi presentano una durata almeno giornaliera e divengono documentabili con un semplice elettrocardiogramma. L’obiettivo da perseguire per ridurre il rischio di ictus ed il progressivo affaticamento dell’organo cardiaco è quello di diagnosticare la fibrillazione atriale il più precocemente possibile. Per tale motivo, è stato inizialmente utilizzato il monitoraggio elettrocardiografico secondo Holter, capace di registrare il battito cardiaco per un’intera giornata. Il limite principale di questa tecnologia è però rappresentato dalla registrazione sporadica del battito cardiaco; sono effettivamente monitorate solo poche ore nell’arco di un intero anno ed aumenta così il rischio di sottostimare la reale incidenza della patologia.
La ricerca e lo sviluppo hanno recentemente reso disponibile un innovativo sistema mininvasivo di piccolissime dimensioni e di efficacia superiore. Il monitor viene iniettato sottocute in pochi minuti con estrema semplicità e blanda anestesia locale. Il paziente non subisce alcuna restrizione nelle proprie attività quotidiane con l’attività cardiaca registrata che mostra dati relativi alla vita reale. Il sistema non prevede e non richiede cavi o elettrodi per monitorare il ritmo cardiaco. Inoltre il monitor impiantabile rappresenta il gold standard per la diagnosi della sincope cardiaca perché monitorizza l’ECG in modo prolungato. Se l’episodio sincopale è indotto da un’alterazione del ritmo cardiaco, il dispositivo registra l’ECG al manifestarsi della patologia perché si attiva automaticamente proprio durante lo “svenimento” del paziente.
Testo redatto su fonte Ospedale Molinette di Torino del 14 febbraio 2014
Image credit: Ospedale Molinette di Torino
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DIAGNOSTICA ONCOLOGICA
Mediante l’utilizzo di nanoparticelle d’oro, una ricerca italiana sviluppa un nuovo tipo di trattamento delle cellule cancerose per scopi sia diagnostici che terapeutici
03.01.2015
Testo dell’articolo
Fulvio Ratto, coordinatore dello studio (pubblicato su “Advanced Functional Materials”) e ricercatore dell’IFAC-CNR spiega che “le cellule tumorali si distinguono da quelle sane per la loro ‘sete’ di ossigeno. Con il nostro lavoro abbiamo scoperto che proprio le caratteristiche sviluppate per far fronte all’ipossia possono essere utilizzate per la loro individuazione. In particolare, abbiamo constatato che le cellule cancerose ipossiche reagiscono alla carenza di ossigeno esprimendo sulla membrana un enzima chiamato anidrasi carbonica 9 (Ca9). Noi abbiamo reso riconoscibile questa sorta di impronta da parte di nanoparticelle d’oro fornite di un inibitore di Ca9, per esempio un sulfamidico: le nanoparticelle in tal modo identificano e attaccano le cellule tumorali ipossiche, che sono le più difficili da raggiungere con le terapie convenzionali”.
Una volta legate in maniera selettiva a queste cellule, le nanoparticelle possono essere attivate con un laser per scopi sia diagnostici che terapeutici. “A seconda del regime di esposizione luminosa, le nanoparticelle generano ultrasuoni oppure calore, che potrebbero essere rispettivamente impiegati per l’imaging diagnostico oppure per la rimozione ipertermica delle cellule maligne”, prosegue Ratto. “In pratica, le nanoparticelle d’oro possono evidenziare la presenza delle masse tumorali oppure distruggere con il calore le cellule che le compongono”.
Gli esperimenti condotti finora sono stati effettuati su cellule coltivate in laboratorio e dimostrano che, non appena subentrano le condizioni di ipossia, le cellule cancerose possono essere efficacemente riconosciute e distrutte. Secondo Ratto “la strada per applicare questa tecnologia all’uomo è però ancora lunga: sarà infatti necessaria una complessa fase di test preclinici in modelli animali, prima di accedere alla sperimentazione clinica. Tuttavia, abbiamo ragione di ritenere che la sinergia tra nanotecnologie, biofotonica e biologia cellulare – la disciplina alla base di questa ricerca – potrà fornire uno strumento efficiente e versatile per la diagnosi e la cura di molti tumori”.
Testo redatto su fonte CNR del 18 dicembre 2014
Per approfondimenti: Plasmonic Particles that Hit Hypoxic Cells – Advanced Functional Materials | 20.11.2014
Image credit: NCI – National Cancer Institute
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DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
Grazie ad una speciale molecola fluorata, una ricerca ha sviluppato un innovativo mezzo di contrasto per ottenere, con la tecnica della MRI, immagini ad alta definizione
11.07.2014
Testo dell’articolo
Con PERFECTA è possibile marcare sterilmente cellule e quindi iniettarle, studiando il cosiddetto “cell trafficking”, ovvero dove le cellule si dirigeranno (ad esempio nei linfonodi). Oppure si può abbinare l’agente di contrasto ad una proteina specifica per le cellule che si vogliono indagare, come ad esempio quelle di un tumore, che diventano in questo modo visibili in risonanza. La nuova molecola può essere utilizzata con queste modalità perché i ricercatori sono riusciti a renderla solubile in acqua. Da principio, infatti, essa poteva essere definita come una “goccia superfluorurata” altamente insolubile, ma i ricercatori sono stati in grado di portarla in acqua utilizzando prodotti biocompatibili e tecniche convenzionali. La sua preparazione è dunque semplice e riproducibile, al contrario degli esempi riportati finora in letteratura. PERFECTA ha dimostrato inoltre elevata compatibilità cellulare accompagnata da tossicità pressoché nulla.
I risultati ottenuti dalle sperimentazioni in vitro hanno superato le migliori attese ponendo questo nuovo mezzo di contrasto nettamente al di sopra di quelli attualmente disponibili. Sulla base di questi dati, il team scientifico milanese sta sviluppando PERFECTA in diverse applicazioni sperimentali in vivo.
Testo redatto su fonte Politecnico di Milano del 9 luglio 2014
Per approfondimenti: A Superfluorinated Molecular Probe for Highly Sensitive in Vivo19F-MRI – Journal of the American Chemical Society | 02.06.2014
Image credit: Molecular Imaging, Inc.
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DISPOSITIVI PER LA DIAGNOSTICA
Sviluppato un sistema diagnostico da impiantare sottocute in grado di registrare le aritmie silenziose: aiuta a prevenire molti casi di ictus e soprattutto le loro recidive
04.07.2014
Testo dell’articolo
Pubblicato sulla prestigiosa rivista “New England Journal of Medicine”, lo studio – CRYSTAL AF (CRYptogenic STroke And underLying Atrial Fibrillation) – rappresenta la più grossa sperimentazione clinica a livello globale su questo fronte ed è stato condotto dal Prof. Tommaso Sanna, Cardiologo presso il Dipartimento di Scienze Cardiovascolari del Policlinico A. Gemelli diretto dal Prof. Filippo Crea, in collaborazione con il Prof. Vincenzo Di Lazzaro, attualmente responsabile dell’Unità Operativa Complessa di Neurologia presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma.
Il protagonista di questo successo della ricerca multicentrica è un sistema diagnostico già in uso in tutto il mondo per altre tipologie di pazienti: si tratta di un microdispositivo, più piccolo di una ‘penna’ USB, per la registrazione continua dell’attività cardiaca, impiantato sottocute in anestesia locale. Il minuscolo sistema di monitoraggio può essere ‘interrogato’ direttamente dal paziente, attraverso un telecomando dotato di una spia rossa. L’accensione della spia segnala che è in corso un’aritmia cardiaca. Il soggetto può così recarsi tempestivamente presso un centro ospedaliero per ulteriori accertamenti. L’apparecchio è in grado anche di trasmettere l’elettrocardiogramma del paziente per via telefonica allo specialista. Quest’ultimo, se confermata la diagnosi di aritmia, ha in mano gli elementi per intervenire con una terapia preventiva adeguata.
“Nei tre anni di osservazione dei circa 500 pazienti con ictus senza causa definita arruolati per lo studio – precisa il Prof. Sanna primo autore del lavoro – è stata riscontrata fibrillazione atriale al 30% dei pazienti cui era stato impiantato il dispositivo, contro il 3% dei soggetti che non avevano ricevuto l’impianto. Un dato che dimostra la netta superiorità di questa strategia diagnostica rispetto all’approccio tradizionale”. Infatti il dispositivo registra la fibrillazione atriale in un numero di pazienti 7,3 volte maggiore rispetto alle metodiche tradizionali a 12 mesi di osservazione e 8,8 volte maggiore a 36 mesi.
“Peraltro – ribadisce il Prof. Sanna – la fibrillazione atriale è risultata asintomatica nell’80% dei pazienti e, dunque, senza il microdispostivo sarebbe sfuggita alla diagnosi. Non solo, il verificarsi dell’aritmia si è rivelato alquanto imprevedibile, poiché in alcuni pazienti è stata registrata a poche settimane dall’ictus, mentre in altri anche un anno dopo l’evento”.
Testo redatto su fonte Università Cattolica-Policlinico A. Gemelli del 3 luglio 2014
Per approfondimenti: Cryptogenic Stroke and Underlying Atrial Fibrillation – New England Journal of Medicine | 26.06.2014
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TECNOLOGIE RADIOLOGICHE
Inaugurata in Italia la prima sala di Elettrofisiologia Interventistica “a raggi zero”: si trova presso la Cardiologia Universitaria dell’ospedale Molinette di Torino
19.04.2014
Testo dell’articolo
Il Prof. Gaita spiega in cosa consiste l’innovazione tecnologica: “Questa sofisticata tecnologia riduce la necessità di utilizzo di radiazioni sfruttando immagini fluoroscopiche pre registrate ad un bassissimo livello di dose. Tale sistema consente di limitare l’utilizzo della fluoroscopia convenzionale, riducendo drasticamente l’esposizione radiologica sia per i pazienti sia per gli operatori presenti in sala. I medici possono costantemente tracciare ed aggiornare la posizione e l’orientamento dei dispositivi abilitati all’interno del cuore attraverso l’informazione raccolta dal processo di localizzazione elettromagnetica (GPS). Nel nostro centro abbiamo ridotto l’esposizione radiologica per procedure di ablazione di Fibrillazione atriale, passando da alcune decine di minuti (nel 2000) a due/tre minuti negli ultimi due anni, e contiamo, grazie a questa importante innovazione, di arrivare a pochi secondi.”
Fino ad ora, nel mondo, solo una decina di sale operatorie sono dotate di questo sistema (6 in Europa, 3 negli Stati Uniti ed 1 in Canada), destinato a diventare una priorità nelle scelte strategiche ospedaliere. Secondo le indicazioni della Società Europea di Cardiologia, infatti, la priorità data alla radioprotezione in un Dipartimento Cardiologico rappresenta, insieme alla scelta di percorsi diagnostico-terapeutici adeguati, una efficace strategia per la prevenzione primaria del cancro.
L’utilizzo intensivo di tecnologie di imaging radiologico, quali la fluoroscopia interventistica, ha portato significativi risultati nella Cardiologia moderna. Ad esempio il trattamento percutaneo di aritmie invalidanti, come la fibrillazione atriale, le tachicardie ventricolari ed il trattamento elettrico dello scompenso cardiaco, hanno permesso ottimi risultati in termini di aumento della sopravvivenza oltre che di miglioramento della qualità di vita. Tuttavia, parallelamente, è aumentata l’esposizione a radiazioni ionizzanti dannose, che possono provocare anomalie cromosomiche ed aumentare la probabilità di sviluppare forme cancerogene con un’incidenza che può raggiungere 1 caso su 100. La nuova sala di interventistica cardiologica “a raggi zero” delle Molinette permette di ridurre al minimo le esposizioni ionizzanti dannose.
Testo redatto su fonte Ospedale Molinette di Torino del 17 aprile 2014
Image credit: Ospedale Molinette di Torino
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IMAGING CEREBRALE
All’ospedale Fatebenefratelli di Roma l’ISTC-CNR attiva un’apparecchiatura per Magnetoencefalografia, una tra le più avanzate tecniche elettrofisiologiche non-invasive
27.03.2014
Testo dell’articolo
“Studiando pazienti affetti da patologie del sistema nervoso (ictus, disturbi del movimento, sclerosi multipla, Alzheimer e depressione) con tecniche di imaging cerebrale abbiamo compreso come il corpo e la mente vivano l’uno dell’altro dandosi vita a vicenda”, spiega Franca Tecchio, dell’Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione (ISTC) del CNR, e coordinatrice del LET’S (Laboratory of Electrophysiology for Translational neuroScience) presso l’unità di Magnetoencefalografia attiva al Fatebenefratelli.
I ricercatori usano un insieme di tecniche multimodali, integrando l’imaging con dati anatomici, metabolici, biochimici ed emodinamici. “Registriamo le variazione di flusso sanguigno e di consumo d’ossigeno cerebrale rilevate con la risonanza magnetica funzionale e l’attività elettrica neuronale con i campi elettrici (EEG) e magnetici (MEG) generati dal nostro cervello assieme con l’attività elettrica muscolare (EMG)”, prosegue Tecchio. “I dati mostrano come – mentre sentiamo, guardiamo, ascoltiamo, leggiamo, giochiamo – le regioni del cervello coinvolte, anche lontane tra loro, si sincronizzano, si connettono funzionalmente creando reti unitarie che dinamicamente prendono forma per la durata del compito da svolgere e spariscono quando non servono più, tornando silenti”.
Questi meccanismi di sincronizzazione e bilanciamento tra regioni cerebrali possono essere un elemento decisivo in alcune patologie. “Il cervello è un organo capace di adattarsi rapidamente e può essere ‘allenato’”, prosegue la ricercatrice dell’ISTC-CNR, “al fine di ripristinare l’organizzazione delle connessioni funzionali necessarie, ad esempio, per utilizzare una protesi sensorizzata di mano che traduca nei movimenti desiderati i segnali raccolti da elettrodi impiantati nei fasci nervosi di un braccio amputato. Le abilità automatiche del cervello sono l’ingrediente essenziale delle interfacce uomo-macchina (BMI) e comprenderne i meccanismi prelude a future protesi cibernetiche”.
Studiare la mente, quindi, anche per offrire una migliore assistenza sanitaria. Stiamo preparando un intervento personalizzato di neuromodulazione – una tecnica non invasiva per modificare l’eccitabilità corticale – che compensi la fatica in chi soffre”, conclude Tecchio. “’Navigando’ dentro il cervello del paziente, disegniamo un elettrodo per stimolare la regione da noi scelta per compensare le alterazioni osservate. I risultati ottenuti in un primo gruppo di pazienti affetti da sclerosi multipla sono incoraggianti”.
Testo redatto su fonte CNR del 26 marzo 2014
Image credit: Lab of Neuro Imaging (LONI) at UCLA/National Institutes of Health (NIH)/Human Connectome Project
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DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
Aritmie: nuova mappatura 3D intracardiaca sperimentata per la prima volta con successo su 2 bambini presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù nella sede di Palidoro
18.02.2014
Testo dell’articolo
I due bambini, operati con successo dall’équipe guidata dal Dott. Fabrizio Drago, erano affetti da tachicardia parossistica sopraventricolare, una forma di aritmia che accelera il cuore improvvisamente determinando palpitazioni e malessere generale. L’intervento di ablazione transcatetere è perfettamente riuscito. «Questa nuova tecnologia – commenta il Dott. Drago – avrà un impatto terapeutico imponente, poiché renderà più semplice il mappaggio delle camere cardiache anche per l’operatore meno esperto, riducendo al massimo il tempo di esposizione del bambino ai Raggi x, potenzialmente pericolosi per la salute». Il nuovo sistema rappresenta il massimo sia in termini di sicurezza che di efficacia, consentendo di ottenere ottimi risultati.
Le immagini del cuore, acquisite in meno di un secondo all’inizio della procedura interventistica, si integrano con la ricostruzione tridimensionale del cuore determinata dal contatto sulla sua parete interna del catetere mappante. Sul monitor del nuovo apparecchio 3D, a disposizione dell’Ospedale, il catetere mappante è rappresentato con un’animazione e naviga all’interno dell’immagine fluoroscopia del cuore, registrata precedentemente con precisione millimetrica rispetto ai movimenti eseguiti dall’operatore.
Le nuove linee guida internazionali sulle aritmie pediatriche. Per un medico non è mai facile decidere di intervenire, nel campo delle aritmie, nel modo più efficace e allo stesso tempo meno aggressivo possibile. Un contributo importante arriva dalle nuove linee guida internazionali alla cui elaborazione ha preso parte, per l’Italia,l’Unità Operativa di Aritmologia Pediatrica del Bambino Gesù di Palidoro e Santa Marinella, con il responsabile Fabrizio Drago.
Il documento internazionale, recentemente pubblicato, riassume tutte le conoscenze attuali sulle aritmie in età pediatrica e contiene le direttive sul corretto trattamento dei piccoli pazienti affetti da queste patologie. Uno strumento al quale il medico può ricorrere quando deve prendere decisioni terapeutiche non facili, in cui è più complessa la valutazione del rapporto rischio-beneficio.
Testo redatto su fonte Ospedale Pediatrico Bambino Gesù del 18 febbraio 2014
Image credit: Ospedale Pediatrico Bambino Gesù – IRCCS
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BIODIAGNOSTICA
Progetto NanoMAX: sviluppare materiali, tecnologie e strumenti basati sull’applicazione delle nanotecnologie alla diagnostica innovativa, basata su profili molecolari
06.11.2013
Testo dell’articolo
La costituzione di una rete di laboratori e aziende del settore è una necessità per lo sviluppo coordinato e sinergico delle priorità nel settore delle nanoscienze e della nanotecnologia. Le possibilità di successo delle nanotecnologie in campo biomedico, e di competere sul piano internazionale, è condizionata da un lato dalla creazione di una adeguata massa critica, dall’altro dalla capacità di integrare competenze e discipline diverse in campo tecnologico (tecnologie dei materiali, ITC, automazione, miniaturizzazione, microelettronica, ottica avanzata, etc) con competenze ed esperienze di punta in campo biomedico (biologia molecolare, genetica, microbiologia, oncologia, etc). La rete si baserà su infrastrutture e centri attivi nel settore (istituti CNR, centri IIT, LENS, Politecnico di Torino, Università di Genova), dal carattere fortemente interdisciplinare e distribuite sul suolo nazionale, ospedali e istituti tumori, centri di biodiagnostica, industrie manifatturiere high-tech impegnate nelle biotecnologie e nella diagnostica avanzata, dotati di collegamenti consolidati a livello internazionale. Gli obiettivi e le tematiche primarie riguarderanno lo sviluppo di materiali, tecnologie e strumenti basati sull’applicazione delle nanotecnologie alla diagnostica innovativa, basata su profili molecolari. Le tecnologie sviluppate convergeranno verso la progettazione e la realizzazione di strumenti, piattaforme e dispositivi adeguati alle diagnostiche emergenti, basate sui principi della completa automazione, miniaturizzazione, flessibilità e semplicità operativa, in grado di rispondere alle esigenze del laboratorio diagnostico e della diagnostica sperimentale più avanzata. Parallelamente, le interazioni scientifiche promosse all’interno del progetto creeranno sinergie adatte allo sviluppo anche di linee di ricerca di base e ad alto rischio/alto impatto, mirate allo sviluppo di tecnologie e strumentazioni ad altissimo contenuto innovativo.
Nell’ambito del Piano Nazionale della Ricerca 2011-2013, il Progetto Bandiera NANOMAX è stato approvato dal Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE) e dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR). Esso è coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).
Testo redatto su fonte Università di Firenze/LENS
Per approfondimenti: www.lens.unifi.it/nanomax
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